La calma …prima di tutto
“L’intuizione è la guida dell’anima, che si manifesta spontaneamente nell’essere umano nei momenti in cui la mente è calma. La mente umana, liberata dalle interferenze dell’irrequietezza, viene caricata di energia a seconda della forza di volontà posseduta da ciascun individuo.
Tutti i pensieri vibrano eternamente nel cosmo. I pensieri hanno radici universali, non individuali; una verità non può essere creata, ma solo percepita. La finalità della scienza dello yoga è di calmare la mente, affinché, senza distorsioni, essa possa rispecchiare la visione di Dio nell’universo.”
– Paramhansa Yogananda – Autobiografia di uno Yogi“La vostra natura è la calma. Avete indossato una maschera di irrequietezza, ossia l’inquietudine della vostra coscienza, che trae origine dagli stimoli dei sentimenti. Voi non siete la maschera, siete il puro e calmo Spirito.”
– Paramhansa Yogananda – Il Divino Romanzo
Come ci spiega Yogananda in queste citazioni, la calma è la qualità alla base di ogni aspirazione di crescita spirituale; la definisce addirittura come la finalità dello yoga. Le caratteristiche della calma in questione non hanno nulla a che vedere con una generica e ordinaria calma subcosciente indotta dalle circostanze esteriori (ad esempio una bella vacanza o un periodo di particolare tranquillità economica), ma al contrario la qualità della calma di cui parla Yogananda porta con se una carica evolutiva e dinamica, legata alle peculiarità di una mente la cui energia fluisce verso l’alto, stabilendosi in uno stato di elevata consapevolezza, definita da Swami Kriyananda come “Supercoscienza”:
“Tante persone hanno sperimentato momenti di intensa consapevolezza, scoprendo in quelle circostanze che la loro mente era particolarmente calma. Non posso immaginare un livello di consapevolezza di questo tipo in una mente irrequieta.”
– Swami Kriyananda – Supercoscienza
La mente irrequieta dunque è destinata a rimanere lontana dalle percezioni più profonde legate alla nostra natura interiore. Yogananda usava questa metafora: “la luna si riflette allo stesso modo in tanti secchi d’acqua quanti ne mettiamo sotto la sua luce, ma solo in quelli in cui l’acqua è calma rifletterà nitidamente il suo splendore.”
Allo stesso modo la nostra mente può riflettere la luce della nostra anima solo quando essa è libera dall’irrequietezza.
Patanjali nei suoi Yoga Sutra, molti secoli fa, in quello che è considerato il più antico trattato di psicologia dello yoga, espresse questo concetto definendolo in sostanza l’essenza stessa dello yoga: “YOGAS CHITTA VRITTI NIRODHAH”. Sulla traduzione e interpretazione di questo sutra non c’è accordo unanime, ma esistono alcune sottili differenze. Per la maggior parte delle scuole di pensiero dello yoga la traduzione prevalente è “lo yoga è la cessazione delle fluttuazioni (vortici) della mente”. Yogananda lo traduce in “lo yoga è la neutralizzazione dei vortici del sentimento”. In sostanza l’azione dello yoga riporta i vortici (vritti) dei sentimenti duali (amore/odio, bello/brutto, buono/cattivo, ecc.) nel nostro centro animico (atma) neutralizzandoli ed elevando la percezione verso la nostra realtà ultima, lo stato primordiale ed autentico, che è unicamente di natura spirituale e definita dalla trinità “Sat-Cit-Ananda”, lo Spirito, il Brahman: eterna, onniscente, in sempre nuova beatitudine.
Coltivare la calma è dunque una necessità per qualunque ricercatore spirituale, ed è la base su cui costruisce il proprio percorso evolutivo. Le facoltà dell’intuizione, della concentrazione, della percezione della pace e dell’amore insito naturalmente nel cuore (Shradda) non sono nel nostro dominio se non nella calma. Quanto essa è più profonda tanto più le altre qualità e facoltà possono emergere.
Sri Shankara, considerato uno dei padri della filosofia advaita (filosofia yoga della non-dualità), affermò lo stretto legame tra la qualità della calma e la non-dualità nel mantra “Na punyam”, praticamente un inno alla disidentificazione da qualsiasi ruolo se non quello di anima immortale (Shivo am, io sono Spirito). Il canto di questo mantra ha in se il potere, attraverso l’affermazione della libertà da ogni maschera e ruolo, di nutrire e sviluppare un senso profondo di calma, e porta chi lo canta verso la comprensione della propria natura non-duale. Nel nostro sadhana (disciplina spirituale), prima della meditazione silenziosa, può essere un potente strumento per interiorizzare e calmare la mente, se cantato con profonda devozione.
Dunque, attraverso gli insegnamenti dei maestri realizzati, comprendiamo come il conquistare il trono della calma nel nostro cuore ci porta molto vicini alla nostra realtà più profonda.
La calma come veicolo verso la libertà dai condizionamenti, fuori dalle identificazioni limitanti, verso il nostro vero Sé, verso l’amore, verso Dio.